Franco Muolo

Pubblicata da

"La Gazzetta del Mezzogiorno"

il 14 luglio 2000

 
Quell'acqua piovana da secoli attende là sotto

A quella "antica" acqua piovana, stagnante e rimasta inutilizzata nelle vecchie cisterne urbane, opportunamente ricordata in questo periodo di arsura dal Dr. Pietro Gabriele (con la bella lettera pubblicata martedì 11 luglio dalla Gazzetta), vorrei aggiungere quella "nuova", che prima o poi, cadendo copiosa dal cielo, andrà ad imbibire i nostri numerosi e secchi torrenti dell'agro che, a loro volta, la riverseranno in mare, inservibile e compreso tutto il loro devastante carico inquinante; giacché i loro alvei non vengono più puliti dalle amministrazioni interessate.
E' successo tante altre volte, specie lungo la fascia costiera compresa tra la zona di Torre Incina in agro di Polignano a Mare, e la zona di Capitolo in agro di Monopoli, che è costellata da splendide calette di arenili alternate agli scogli e dove sfociano, provenienti dal fondo di bellissime e verdeggianti lame olivetate.
Ma lungo i torrenti, a destra e a sinistra, troviamo una miriade di canalette a cielo aperto a "forbice" che alimentano altrettanto antichissime cisterne, scavate a mano e formanti "campane" nella roccia, mentre altri invasi sono coperti con volta di pietra calcarea o in conci di tufo. Per l'utilizzazione privata, qualche contadino coraggioso, ancora credente nel prezioso liquido che viene dal cielo, oggi azzarda addirittura la copertura con soletta in cemento armato, perché diversamente i costi sarebbero proibitivi.
Un particolare e stupefacente esempio di uso pubblico delle acque meteoriche, invece, lo troviamo a Monopoli, sulla via Amleto Pesce ad angolo con la via S. Marco. E' un complesso edilizio denominato "Le Fogge", costituente un insieme di cisterne seminterrate comunicanti fra loro (della capacità complessiva di circa 50.000 metri cubi) che capta, con un ingegnoso sistema di canali, le acque piovane fluenti dai vicinissimi torrenti "Belvedere" e "Sette Monti". Di qui, attraverso un condotto sotterraneo, l'acqua arriva fin nel bel mezzo dei binari della locale stazione ferroviaria e che, una volta, serviva per alimentare le locomotive a vapore.
Tutta l'acqua che da secoli giace nelle suddette cisterne, nelle fogge pubbliche e private o negli invasi o bacini o laghetti che dir si voglia, insieme a tutta quella che scorrerà dai torrenti (perché, come dicevano gli antichi: l'acqua in cielo sta e prima o poi giù verrà), non aspetta altro che tornare ad essere utilizzata. Come una volta, che soltanto dopo l'avvenuta ed accertata "riempitura" (la piena) delle cisterne, e dopo aver ostruito la "forbice" con un tappo fatto di sacchi di juta arrotolati, si consentiva lo sfioramento dell'acqua superflua e la ripresa della sua corsa fino al mare. Dove, spesso, non arrivava mai.