Franco Muolo

Pubblicata da

"La Gazzetta del Mezzogiorno"

il 27 febbraio 2001

 
Incentivi al Sud & Peperoni


Il suo editoriale di domenica 25 febbraio, caro direttore, ci propone per l'ennesima volta un lucido spaccato delle pietose e raccapriccianti condizioni di inferiorità in cui, ancora oggi, viene a trovarsi il Sud rispetto al Nord dell'Italia. Oltre alle bacchettate del prof. Mario Monti, mirate alla salvaguardia della concorrenza all'interno dell'Unione europea, credo che anche la sua, tutto sommato, rassomigli a una bacchettata, che sarebbe apparsa ancora più incisiva di quella dell'autorevole euroministro se poco poco fosse stata indirizzata anche ai novelli produttori e investitori meridionali, male abituati alla ricerca di incentivi pubblici e poco avvezzi alla ricerca di mercato per la valorizzazione e la collocazione dei nostri invidiati prodotti.
Chiedo scusa, ma a proposito ancora una volta dovrò far ricorso ai miei ricordi. Mio padre è stato uno fra i primi orticoltori della pianura a ridosso della fascia costiera a sud di Monopoli. Già quando, negli Anni 50/60, il 90% della produzione locale di peperoni, cicorie, finocchi, melanzane, cetrioli, insalata, ecc.., non poteva essere assorbita dai mercati locali, caricava (con l'aiuto di tutti i componenti della famiglia) il prodotto esuberante sui motocarri, "tigrotti" o "leoncini" a seconda della quantità, e andava ad "aggredire" i mercati ortofrutticoli di Taranto e Bari: così facevano tutti i suoi concorrenti e quasi mai se ne tornavano indietro carichi.
E quando nevicava molto, e al Nord gelavano le coltivazioni, si formava una sorta di carovana, con l'apporto di altri parenti produttori, e si partiva per andare a collocare i prodotti esuberanti nei mercati di Bologna, Treviso e Milano, dopo lunghi viaggi notturni attraverso la strada statale Adriatica: non esisteva ancora l'autostrada né alcunché di incentivo pubblico. E i più intraprendenti di quei coltivatori sono diventati esportatori.
Invece ora, per esempio, si sente parlare addirittura di elargire contributi in denaro per la salvaguardia dell'olivo secolare? Ma neanche per sogno: si dovrebbe prevedere invece l'arresto per chi lo estirpa! Perché i veri penalizzati non sono i grandi imprenditori agricoli ma i piccoli proprietari e pensionati non più agricoltori, che senza incentivi continuano a tenere in vita tali "monumenti".
Detto questo, credo che se Stato, Regioni e Province cambiassero rotta, privilegiando la politica delle infrastrutture e annullando ogni tipo di incentivo a pioggia, non andremmo più soltanto alla ricerca di benefici monetari o fiscali, ma dedicheremmo più tempo alla ricerca di mercati, come si faceva un tempo. Così non avremmo più neanche la possibilità di ipotizzare alcun complotto del Nord ai danni del Sud.