Il suo editoriale di domenica 25 febbraio,
caro direttore, ci propone per l'ennesima volta un lucido spaccato
delle pietose e raccapriccianti condizioni di inferiorità
in cui, ancora oggi, viene a trovarsi il Sud rispetto al Nord
dell'Italia. Oltre alle bacchettate del prof. Mario Monti, mirate
alla salvaguardia della concorrenza all'interno dell'Unione europea,
credo che anche la sua, tutto sommato, rassomigli a una bacchettata,
che sarebbe apparsa ancora più incisiva di quella dell'autorevole
euroministro se poco poco fosse stata indirizzata anche ai novelli
produttori e investitori meridionali, male abituati alla ricerca
di incentivi pubblici e poco avvezzi alla ricerca di mercato per
la valorizzazione e la collocazione dei nostri invidiati prodotti.
Chiedo scusa, ma a proposito ancora una volta dovrò far
ricorso ai miei ricordi. Mio padre è stato uno fra i primi
orticoltori della pianura a ridosso della fascia costiera a sud
di Monopoli. Già quando, negli Anni 50/60, il 90% della
produzione locale di peperoni, cicorie, finocchi, melanzane, cetrioli,
insalata, ecc.., non poteva essere assorbita dai mercati locali,
caricava (con l'aiuto di tutti i componenti della famiglia) il
prodotto esuberante sui motocarri, "tigrotti" o "leoncini"
a seconda della quantità, e andava ad "aggredire"
i mercati ortofrutticoli di Taranto e Bari: così facevano
tutti i suoi concorrenti e quasi mai se ne tornavano indietro
carichi.
E quando nevicava molto, e al Nord gelavano le coltivazioni, si
formava una sorta di carovana, con l'apporto di altri parenti
produttori, e si partiva per andare a collocare i prodotti esuberanti
nei mercati di Bologna, Treviso e Milano, dopo lunghi viaggi notturni
attraverso la strada statale Adriatica: non esisteva ancora l'autostrada
né alcunché di incentivo pubblico. E i più
intraprendenti di quei coltivatori sono diventati esportatori.
Invece ora, per esempio, si sente parlare addirittura di elargire
contributi in denaro per la salvaguardia dell'olivo secolare?
Ma neanche per sogno: si dovrebbe prevedere invece l'arresto per
chi lo estirpa! Perché i veri penalizzati non sono i grandi
imprenditori agricoli ma i piccoli proprietari e pensionati non
più agricoltori, che senza incentivi continuano a tenere
in vita tali "monumenti".
Detto questo, credo che se Stato, Regioni e Province cambiassero
rotta, privilegiando la politica delle infrastrutture e annullando
ogni tipo di incentivo a pioggia, non andremmo più soltanto
alla ricerca di benefici monetari o fiscali, ma dedicheremmo più
tempo alla ricerca di mercati, come si faceva un tempo. Così
non avremmo più neanche la possibilità di ipotizzare
alcun complotto del Nord ai danni del Sud.