Il piano per il rilancio del porto di Monopoli,
illustrato sabato 17 febbraio nella cornice del castello di Carlo
V dal responsabile dell'Area Integrata Trans Adriatica, dr. Luciano
Greco, ha posto in risalto il "nanismo" del nostro scalo
marittimo, vista la perdurante situazione di stallo del suo sviluppo,
che si trascina fin dai lontanissimi anni Sessanta. Una sola consolazione
dopo 40 anni di richieste e di febbrili sollecitazioni: gli attuali
lavori di ristrutturazione per il consolidamento del molo foraneo
e il potenziamento della radice di tramontana, anche in attuazione
dei programmi previsti dal suo vecchio piano regolatore.
Nonostante i lodevoli sforzi che i responsabili dell'AITA stanno
tentando, nel mantenere l'obiettivo di uno sviluppo comune, nell'ottica
di un mercato globale guardando sull'altra sponda dell'Adriatico,
purtroppo, devo osservare che non è stato fatto alcun riferimento
alla storia urbanistica locale. Sta di fatto che nel 1975 la Variante
del piano regolatore generale del territorio monopolitano, ebbe
a recepire i dettami dello specifico piano regolatore del porto
(quest'ultimo di competenza della regione Puglia e del Demanio
marittimo), intravedendo la ristrettezza del suo bacino (sono
arcinote le difficoltà degli operatori per far girare le
navi su se stesse all'interno del cerchio baricentrico di manovra),
tanto che lo stesso redattore del Prg, prof. Luigi Piccinato,
all'epoca, ne sviluppava due previsioni di ampliamento: una sulla
costiera sud, con il nuovo porto turistico; una a nord, con il
nuovo porto canale destinato alla cantieristica navale localizzato
nell'area di sedime di una vecchia cava abbandonata.
Oggi, dopo oltre un quarto di secolo, si vorrebbe tornare indietro
con l'accentramento (già allora discutibile) delle attività
pescherecce, del trasporto merci, delle variegate attività
cantieristiche, del turismo nautico, ecc.. ecc.., tutti nell'ambito
di quel piccolo specchio d'acqua, tanto piccolo che 25 unità
della flotta della pesca locale di pregio, non essendoci più
posti disponibili per l'ormeggio, hanno dovuto emigrare nel vicino
porto di Brindisi (come ha dichiarato lo stesso relatore dell'AITA).
E ora viene prevista addirittura l'aggiunta anche di una stazione
marittima attrezzata per il traghettamento passeggeri, interrando
e banchinando per sottrarre sempre più spazio all'acqua,
a cavallo delle cale Fontanelle e Curatori che già sono
intasate: la prima dai cantieri navali e la seconda dalla Lega
Navale Italiana, peraltro entrambi in forte espansione ma che
rendono difficoltosi tutti gli altri traffici marittimi.
Forse, sarebbe bene chiedere ai titolari degli opifici industriali,
operanti nel bel mezzo del nostro piccolo scalo portuale, di poter
dare un tocco di colore vivace alle ciminiere e alle facciate
a vista dei loro stabilimenti: chissà, qualche sceicco
in transito si accorgerebbe prima e potrebbe decidere di investire
da noi potendo concentrare tanto ben di Dio in così poco
spazio, e realizzare le relative infrastrutture sotto il mare
o nell'alto del cielo. E con buona pace anche di chi sperava di
raggiungere liberamente la battigia, alla luce della recente sentenza
della Suprema Corte di Cassazione che per la prima volta ne ha
riconosciuto il diritto.