In Liguria i circa 7.000 chilometri di
muretti a secco delle "Cinque Terre", che racchiudono
scrigni di pregiati vitigni, costituiscono una sorprendente realtà,
anche se oggi sarebbero, secondo il Tci, "a grave rischio".
In Puglia, però, non faremo in tempo a conoscere esattamente
la lunghezza del reticolo fittissimo esistente sulla "Terra
di Bari". Potenti macchine macinapietre ne riducono sempre
più l'estensione, per far posto a prorompenti vigneti a
tendoni che, racchiusi da bianche plastiche protettive, li fanno
rassomigliare a grandi laboratori spaziali.
Anche quando crollano, per vetustà o impatto di autoveicoli,
le pareti a secco dei nostri vecchi vigneti vengono ripristinate
con muratura in tufo o, addirittura, con calcestruzzo ciclopico
(il che significa che, per diminuire il dosaggio del cemento,
nell'impasto vi si "affogano" le più grosse antiche
pietre rovinate). Quelle semplici e rustiche recinzioni poderali
sono il frutto del millenario lavoro di spietramento, fatto a
mano, dei nostri viticultori. Oltraggiate da materiali incompatibili,
vengono "rottamate" per farne polverone da mescolare
con terreno agrario, oppure ingredienti per malte ad uso dei costruttori
edili.
Sui famosi terrazzamenti mozzafiato della riviera ligure di Levante,
invece, continuano a coltivare la tipica vite ad alberello, da
cui ricavano vini pregiati e costosissimi, grazie al "sostegno"
dei muretti di pietra e senza strade di accesso. Lì si
va solo a piedi e la costruzione delle pur necessarie infrastrutture
viarie è severamente vietata. Ma, soprattutto, è
proibito rimuovere o sostituire le tipiche recinzioni a secco
che racchiudono quei caratteristici vigneti. Potremo mai apprezzare
e valorizzare uno dei nostri vini più tipici, l'ungente
e corposo "Primitivo" (che di primitivo è rimasto
solo il nome), se non riusciamo nemmeno a difendere il suo particolare
cru d'origine? Che poi, è costituito semplicemente da terra
rossa, muretti a secco, poca acqua, molto sole e tanto,
tanto sudore!